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Eppur si scioglie

...e troppo in fretta...

Quella che vedete qui sopra a destra è la nuova carta della Groenlandia così come appare nell’ultima versione dell’atlante mondiale del Times, uscita quest’anno. A sinistra invece la versione del 1999. Lo scioglimento è così vasto che si è scoperta dai ghiacci un’ampia striscia di terra e addirittura è comparsa una nuova isola, cui è stato dato il nome di Uunartoq Qeqertaq, che in esquimese vuol dire Isola del Riscaldamento. Lo riferisce il Guardian che mantiene una costante attenzione sulla questione climatica globale, che invece da noi è completamente dimenticata, travolti come siamo dalle notizie sulla crisi economica e politica. Ricordo che se tutti ghiacci della Groenlandia si sciogliessero il livello globale degli oceani salirebbe di 6 metri, il che significherebbe la fine per città costiere come Venezia, Londra e New York. Già oggi alcune isole un tempo paradisiache del Pacifico sono in allarme permanente per l’aumento del livello del mare e stanno protestando  in sede Onu mentre preparano l’evacuazione.

Siccità e carestia nel Corno d’Africa

ci mancava solo la siccità...

Oltre dieci milioni di persone sparse tra Somalia Kenia Etiopia e Gibuti sono in pessime condizioni alimentari a causa di una siccità che alcuni articoli definiscono come la più grave da sessant’anni a questa parte. L’Onu ha dichiarato oggi lo stato di carestia e aperto l’invio di aiuti da parte dal Pam (il programma alimentare mondiale). La situazione è particolarmente aggravata dalle condizioni di guerra perenne in cui si trovano alcune zone coplite dalla siccità, in particolare in Somalia meridionale, che sono sotto il controllo di bande armate islamiste e non. In alcune zone la gente è costretta a mangiare fogliame e scavare nei formicai alla ricerca di semi di cui cibarsi. La Croce rossa internazionale ha dichiarato che un bambino su dieci potrebbe morire di fame nel sud Somalia se non si interviene al più presto. In Italia la Caritas ha dato vita a una sottoscrizione.

Le signore del clima

felicitazioni!

Si chiamano Patricia Espinosa e Christiana Figueres, la prima messicana e la seconda costaricana, e sono loro ad avere il merito di questo inatteso successo diplomatico: la rinascita della trattativa globale sul clima a Cancùn, dopo la tremenda batosta di Copenaghen l’anno scorso. Della Figueres abbiamo già parlato, ha preso il posto all’Unfccc di Yvo de Boer, sconfitto nel 2009 dalle recalcitranze dei grandi paesi emettitori di gas serra. Ma è Patricia Espinosa, la rappresentante governativa del Messico e presidente della conferenza Cop16, ad aver dominato i febbrili negoziati finali e ad aver indotto anche i paesi emergenti (forse è il caso di chiamarli ormai emersi del tutto) ad accettare l’idea di limiti alle emissioni e di controlli da parte di terzi, anche se in un futuro ancora non ben definito. Con questo tipo di concessione, per ora ancora astratta ma solenne, da parte di India e Cina, anche il rappresentante Usa ha potuto portare a casa un successo e ha aderito al documento finale. Che prevede molte cose importanti, un meccanismo di compensazione per i paesi che evitano di tagliare le proprie foreste tropicali, un fondo internazionale per gestire l’adattamento ai cambiamenti inevitabili, e soprattutto una bozza di accordo che dovrà sostituire l’anno prossimo a Durban (Sud Africa) il protocollo di Kyoto in scadenza, con nuovi tagli alle emissioni per il 2020. Come avevamo immaginato, l’assenza di attenzione da parte dell’opinione pubblica mondiale, presa da altro in queste settimane ha consentito un successo inatteso. Quando si hanno troppe aspettative ogni compromesso è un delusione, quando non se hanno affatto ogni piccolo risultato è un bel regalo. Grazie dunque a Christiana e Patricia.

 

Incandescenti da buttare

...fluorescente è meglio...

E’ un discorso già fatto ma repetita iuvant. Una vecchia lampadina a incandescenza da 60 watt si sostituisce con una fluorescente da 10 W, fa la stessa luce e un bel taglio al consumo. Infatti nelle sue mille ore di vita incandescente la lampadina consuma 60 chilowattora, che con l’attuale sistema italiano di produzione elettrica corrispondono a 30 kg di CO2 (è una stima benevola, potrebbero essere di più). In ogni casa d’Italia di lampadine ce n’è una decina, fanno circa 200 milioni di pezzi che se fossero tutti sostituiti darebbero un taglio di almeno 5 milioni di tonnellate alle nostre emissioni annuali, un bell’aiuto al clima e anche un considerevole risparmio in bolletta. E nel caso vi scocci pagarle quei 4 o 5 euro che costano, rispetto a un euro di quelle tradizionali, tenete conto che durano cinque o sei volte di più quindi l’aumento è solo apparente. In ogni caso l’Onu preme perché le vecchie lampadine vengano messe al bando, quindi diventeranno presto un articolo per collezionisti, un po’ come i dischi in vinile.  Ricordate comunque che le lampadine fluorescenti quando si rompono vanno smaltite correttamente perché contengono mercurio, una sostanza tossica che non deve disperdersi nell’ambiente, quindi non si buttano nel pattume ma vanno consegnate ai centri di smaltimento comunali. E nel caso qualcuno sostenga che fanno male alla salute ecco i risultati degli studi più recenti (che in sostanza dicono che solo persone con particolari problemi potrebbero risentirne).

Che pustàz quel Cancùn

Frattini: "una preoccupante congiura minaccia il vertice, pardon l'Italia..."

Ieri il Manifesto (giornale in perenne crisi finanziaria che orgogliosamente leggo e sostengo da trent’anni) ha dedicato un lungo reportage all’apertura del convegno mondiale sul clima COP16 di Cancùn. Il corrispondente si è dilungato a raccontare la triste storia del sito più turistico del Messico, un tempo deliziosa penisola di sabbia corallina protetta dalle mangrovie, ora ammasso di abominevoli alberghi fronte mare che scaricano le deiezioni di sei milioni di turisti nelle lagune salmastre, mettendo a dura prova le poche mangrovie rimaste dopo le distruzioni perpetrate per far posto agli alberghi suddetti. Insomma, un posto meno adatto per questo convegno di protettori della natura non si poteva trovare… Comunque in Italia stampa nazionale e tv proseguono il blackout mediatico sulla conferenza, da noi oggi si parla solo di Wikileaks (parola che vi sfido a capire cosa significa), mentre il sito del giornale inglese Guardian dedica ampio spazio al vertice internazionale, con aggiornamenti in tempo reale. Mia personale ipotesi, suffragata da un certo numero di conferme sperimentali, è che i media nazionali coprono l’estero di riflesso a quel che succede negli Stati Uniti, e guarda caso i siti americani (es. il New York Times) parlano solo di Wikileaks, e dicono niente o quasi sul clima. Provincialismo? Servilismo? Mettetela come vi pare, intanto il vertice è partito e noi cerchiamo di rompere la congiura del silenzio.

Cancùn, non ne parla nisùn?

...lui ci va, e già ne parla da un po'...

Dopo il mezzo o totale fallimento di Copenaghen l’anno scorso, che ha comportato le dimissioni di Yvo de Groot dal Unfccc, organismo dell’Onu che presiede al trattato globale sul clima, e la sua sostituzione con la signora Figueres, si avvicina ora la nuova conferenza climatica internazionale Cop16, che dal 28 novembre al 10 dicembre terrà occupati in Messico migliaia di delegati e militanti ambientalisti, compreso il nostro amico Luca Lombroso (foto) che speriamo ci mandi qualche corrispondenza. Da Copenaghen in avanti questo 2010 è stato purtroppo un annus horribilis per chi come noi è fermamente convinto della realtà del cambiamento climatico di origine antropica e della necessità urgente ed assoluta di intervenire drasticamente sulle emissioni di gas serra prima che sia troppo tardi. La sequenza di fattacci ha incluso lo scandalo delle email trafugate dall’università di East Anglia, che i giornali anglosassoni hanno ribattezzato subito Climategate in assonanza al vero scandalo costituito dal Watergate di nixoniana memoria, la scoperta di un errore grossolano nel quarto rapporto Ipcc (dove a un certo punto si scrive che i ghiacciai himalayani potrebbero sciogliersi entro il 2035 mentre probabilmente l’anno corretto è 2350) e le polemiche sorte intorno alla figura di Rajendra Pachauri, l’ingegnere indiano che coordina da diversi anni lo stesso Ipcc. In sostanza nel giro di pochissimo tempo la questione climatica è passata dalle stelle del premio Nobel per la pace, concesso all’Ipcc e ad Al Gore, alle stalle delle commissioni d’inchiesta e al buio mediatico. Siccome le commissioni d’inchiesta hanno valutato che in sostanza il Climategate era una bufala, e che sì, è meglio che l’Ipcc stringa di più le reti attraverso cui passano le migliaia di articoli che vengono esaminati, ma che la sostanza scientifica dei suoi rapporti resta invariata, questo buio mediatico spaventa perché l’anno prossimo scade il protocollo di Kyoto ed un nuovo accordo per tagliare le emissioni è indispensabile. O forse proprio a causa dell’assenza di un’attenzione mediatica ossessiva ci potremmo aspettare qualche risultato di rilievo? Speriamo che sia così e che comunque per cercare notizie sull’imminente conferenza non ci tocchi di continuare a leggere i siti svizzeri.

Messico e nuvole

 

...lo capiscono anche i bambini...

 

Ci risiamo, un’altra conferenza mondiale sul clima è alle porte e tutti già sanno che sarà un fallimento. Stavolta la grande carovana di delegati da 190 paesi si riunirà sulla costa messicana, nel centro balneare di Cancùn, un tempo magnifico promontorio sul Golfo del Messico ridotto ora a brutta fungaia di alberghi verticali per turisti americani, dove io non metterei mai piede. Ci metteranno piede invece migliaia di persone a dicembre per partecipare alla conferenza COP16, alcuni nella speranza di un accordo globale per il taglio delle emissioni di co2, molti altri nella speranza opposta di bloccare l’accordo e tornare a casa ad inquinare come se niente fosse. Intanto il pianeta si riscalda e il 2010 si avvia ad essere un anno record, come avevano previsto i meteorologi inglesi l’anno scorso alla COP15 di Copenaghen. I motivi del fallimento prossimo venturo sono molteplici e complessi, mettiamoci prima di tutto la delicata situazione in cui si trova Obama a causa delle prossime elezioni di metà mandato (e non di “medio termine” come si sente dire da certi giornalisti) che sconsiglia di assumere prese di posizione radicali sulla questione delle emissioni statunitensi, mettiamoci anche la voglia dei paesi emergenti, i cosiddetti Basics (Brasile Sudafrica India e Cina), di continuare a crescere senza lasciarsi condizionare da trattati vincolanti, e da ultimo mettiamoci anche un’opinione pubblica mondiale distratta da altre questioni tutt’altro che banali come il nucleare in Corea del Nord e Iran, la perdurante crisi del Medio Oriente, le guerre interminabili in Iraq e Afganistan, col loro sanguinoso strascico di morti. Comunque non tutti sono distratti, come dimostrano gli oltre 7000 eventi del Global work party, organizzato da 350.org, l’organismo non governativo che chiede al mondo di abbassare il livello della co2 dagli attuali 390 ppm ai 350 di trent’anni fa, un livello considerato più sicuro per contrastare l’aumento globale delle temperature.

La conferenza climatica di Bolivia

Altro che Obama...

Il londinese Guardian ci informa con un articolo dell’ambasciatore di Bolivia alle Nazioni Unite, Pablo Solón-Romero, che per rimediare ai guasti prodotti a Copenaghen, il prossimo mese il suo paese terrà una nuova conferenza mondiale sul clima, in cui però stavolta dovrebbero essere i popoli a parlare e i governi ad ascoltare. Alla Conferencia Mundial de los Pueblos sobre el Cambio Climático y los Derechos de la Madre Tierra che si svolgerà in quel di Cochabamba dal 19 al 22 aprile 2010 la partecipazione è libera ma i lavori saranno molto impegnativi (ci saranno ben 17 diversi gruppi di lavoro) e verteranno sui veri problemi che incombono sui popoli, in particolare quelli del sud del mondo, e non su “finanza, mercati del carbonio, competitività di paesi ed aziende, opportunità d’affari” come è accaduto a Copenaghen secondo l’ambasciatore. I boliviani non scherzano, tanto che durante la conferenza sarà possibile partecipare a un referendum globale che potrebbe condurre miliardi di persone ad esprimere il proprio parere sulla questione climatica. Preparate la matita, pardon, il mouse.

Che brutto clima

La patata bollente...

Siete alla guida, di fianco a vostra moglie, dietro di voi il bambino. La radio accesa blatera dei soliti problemi ma voi siete distratti da una questione urgente, l’auto è in riserva da un pezzo e non si vedono stazioni di rifornimento, c’è il rischio di restare a piedi. All’improvviso vostra moglie, dopo aver dato un’occhiata alle sue spalle, esclama: “Oddio, la porta del bimbo è chiusa male!!”. Che fareste? Ovvio, dite voi, accosto più in fretta che posso, scendo dall’auto, chiudo bene la portiera e poi riparto. E invece no, infastiditi dalla voce di vostra moglie, con cui avete avuto un battibecco qualche minuto prima sulle solite questioni di soldi, non le date retta, allora lei alza la voce e ordina in tono isterico “Fermati, che il bimbo rischia di cadere!”. “Ma che dici?”, e contorcendo un po’ il collo provate a guardare anche voi, senza esito perché siete dalla parte sbagliata. In quell’istante la strada fa una curva stretta e la portiera del bimbo, che era davvero mal chiusa, si apre… (continua su Sbilanciamoci oppure su Cenerentola)

La conferenza di Ginevra

Non stringere troppo!
Non stringere troppo!

La terza conferenza mondiale sul clima (WCC-3, organizzata dall’Omm) che si terrà dal 31 agosto al 4 settembre a Ginevra, in Svizzera, non sarà la solita conferenza scientifica, almeno questo è quel che si legge nel sito che la pubblicizza. Sarà invece la sede “per stabilire un quadro internazionale che guidi lo sviluppo di “servizi climatici” per il collegamento tra le previsioni e informazioni climatiche e la gestione  del rischio climatico e dell’adattamento alle modificazioni climatiche nel mondo”. In parole povere dovrebbe servire per passare dalle parole (degli scienziati) ai fatti (dei politici). Speriamo sia così. Intanto consiglio uno sguardo al programma scientifico.