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Carta canta

tutta colpa degli americani, come al solito...

Ieri ho fatto un paio di lezioni sul clima in una scuola superiore della “bassa”, tra Bologna e Ferrara. A parte lo sconcerto per il livello di maleducazione che hanno raggiunto i ragazzi e per il totale calamento di braghe degli insegnanti, che sembravano figure spente e senza alcuna autorevolezza, quel che mi ha colpito in verità è la difficoltà a far comprendere ai giovani che la vita cosiddetta “normale” in realtà di normale non ha più niente. Un gesto banale di un ragazzo, che tirava fuori dalla tasca un fazzolettino di carta per soffiarsi il naso e poi buttarlo via, mi è servito da pretesto.

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Sfamare cani e gatti, i cristiani invece no

sto meglio io di tanti africanetti...

Qualche volta si risvegliano in me sacri furori, in particolare quando assisto sbalordito alle sempre più patinate pubblicità di cibo per animali alla televisione. Non bastano le bottigliette di plastica per bere un sorso d’acqua, i fogli di carta assorbente vergine per asciugare un po’ di bagnato, i quintali di plastica con cui avvolgere ogni singola mela, adesso il nostro caro padronato vuole convincerci che nulla ci renderebbe più felici che un bel carico di confezioni monodose di diete feline e canine, pubblicizzate con lo stesso zelo del cibo per bambini. Ma voi non ci vedete un segnale di decadenza micidiale, una sorta di basso impero al tramonto, un’aria da Maria Antonietta che propone le brioche al popolo che chiede pane? Ma cosa pensano di noi quelli che dall’Africa vedono le nostre trasmissioni sui canali satellitari? Sti italiani, se si occupano con tanto amore dei loro cani e gatti ci daranno ben una mano anche a noi che cerchiamo pane e lavoro? Eh no cari, voi mica siete di razza siamese a pelo lungo, non fate mica ron ron sul divano, a voi mazzate, al gattino bello tanti bei bocconcini. Ma vaffa…!

La val Susa e il clima

alta velocità, alte emissioni

Ieri sera a Bologna gli studiosi Nicola Armaroli e Vincenzo Balzani presentavano in un’affollata libreria la nuova edizione del loro “Energia per l’astronave Terra“, un testo benemerito che spiega moltissime cose sull’energia e sul clima, e che tutti dovrebbero leggere, in particolare chi si occupa di politica e pretende di amministrarci. Mentre si discuteva pacatamente di risparmio energetico, pannelli fotovoltaici e centrali atomiche, in un ospedale piemontese giaceva in coma un uomo folgorato. La corrente ad alto voltaggio lo aveva colpito mentre in cima a un traliccio protestava contro l’esproprio della sua terra da parte dello stato, che vuole costruire a tutti i costi una nuova galleria ferroviaria sotto le Alpi. Nessuno è in grado di dimostrare che questa galleria serva davvero, in una valle che di gallerie internazionali ne ha già altre due, una ferroviaria recentemente potenziata e sottoutilizzata, e una autostradale. Però la galleria s’ha da fare e se la popolazione si ribella, convinta di non voler sopportare altre opere faraoniche e assurde, giù botte. Ah, ma direte voi, allora ti contraddici, prima pretendi che si riduca drasticamente il trasporto su gomma a favore del ferro e poi solidarizzi con i ribelli? Non hai letto sui biglietti ferroviari che ogni viaggio in treno riduce le emissioni di gas serra rispetto allo stesso viaggio fatto con altri mezzi? Vero a metà. Per fare un viaggio in treno sulle nuove linee ad alta velocità prima le linee abbiamo dovuto costruirle, il che ha comportato enormi dispendi di materiali e di energia fossile. Alcune analisi scientifiche che tengono conto di queste emissioni dimostrano che viaggiare ad alta velocità fra Roma e Milano fa le stesse emissioni di un viaggio aereo, tenuto conto che le infrastrutture per gli aerei si riducono ai due aeroporti di decollo ed atterraggio, mentre il treno ha bisogno dei suoi 600 chilometri di massicciata, binari, traversine e linea elettrica. E di un’infinità di cemento nelle migliaia di ponti e viadotti generati dagli attraversamenti. Questo significa che non dobbiamo costruire più treni e passare tutti al volo? Naturalmente no, però dobbiamo considerare attentamente tutti i fattori prima di intraprendere qualsiasi opera di grandi dimensioni, non solo il parere delle lobby edilizie. In val Susa gli abitanti queste analisi le hanno fatte e la loro non è una lotta egoistica, ammesso che si possa così definire la lotta per non farsi portare via la terra. La questione val Susa ha a che fare con la protezione più generale dell’ambiente, del territorio e del clima e ci chiede una riflessione più profonda di quelle che sentiamo ripetere da giornalisti poco informati e magari a libro paga dei grossi interessi che si muovono dietro le “grandi opere”.

La neve e il “global warming”

un effetto del caldo?

Se il pianeta si scalda, come mai tutta questa neve? Se lo domandano in tanti, chi con vera perplessità, chi con opportunistica malizia, pensando di mettere in crisi i climatologi. Ho personalmente trovato molto interessante a questo proposito un recente articolo di New Scientist (accessibile aimè solo agli abbonati) che mette direttamente in relazione il riscaldamento planetario e queste ondate di freddo intenso che si abbattono sull’emisfero nord da qualche inverno a questa parte. In poche parole si sostiene che con il riscaldamento progressivo dell’Artico (fenomeno documentato dalla rapida scomparsa o drastico assottigliamento della banchisa) il sistema di contenimento del freddo invernale intorno al polo nord, quello che i meteorologi chiamano fronte polare e che ha il suo bastione nella cosiddetta corrente a getto, si stia allentando, il che provoca la discesa di grosse bolle fredde verso sud. Il bello è che nonostante il freddo intenso sperimentato all’interno della “bolla fredda” il resto dell’emisfero (compreso il polo) appare anormalmente caldo, e che quando si fanno le medie delle temperature queste risultano comunque in aumento, nonostante il freddo locale. Questi fenomeni si stanno ripetendo da tre inverni, solo che le “bolle fredde” non cadono tutti gli anni nelle stesse zone, un paio d’anni fa colpirono gli Stati Uniti, l’anno scorso la Gran Bretagna e quest’anno si sono attestate sulla Russia europea e spinte fino all’Italia. Oltretutto siccome i mari sono sempre più caldi ne deriva una gran quantità di vapore in atmosfera, da cui nevicate anche copiosissime come abbiamo visto sulla dorsale adriatica da Rimini in giù (nella peraltro mite val Marecchia – foto – sono stati raggiunti i tre metri di spessore). Per chi volesse approfondire consiglio un articolo tecnico in inglese.

Vi fidereste di un falso medico?

a ognuno il suo mestiere

Per fare il medico ci vuole la laurea in medicina e anche l’iscrizione all’ordine, previo esame di stato. Per fare l’infermiere ci vuole un diploma specifico e un tirocinio in ospedale. Per fare il meteorologo la laurea che serve è quella in Fisica (o altre materie universitarie ad alto contenuto tecnico scientifico) per chi opera ad alto livello (ricercatore o meteorologo dirigente), per chi invece fa previsioni operative ci vuole un diploma tecnico superiore e una serie di corsi aggiuntivi specifici. Insomma, così come non vi fareste dare una medicina dal primo ciarlatano che passa per strada così non dovreste dar retta alle previsioni meteorologiche non ufficiali di cui pullula Internet (o il variegato mondo delle tv e radio private). Le previsioni ufficiali in Italia le danno nell’ordine, l’Aeronautica Militare, la Protezione civile nazionale e regionale, e i servizi meteorologici regionali (e delle province autonome di Trento e Bolzano). Queste strutture pubbliche cooperano per legge e si integrano tra loro. In questi posti si lavora rispettando le caratteristiche fissate per il curriculum di un meteorologo dall’Omm, organismo ufficiale internazionale dell’Onu. In questi posti si sfruttano i prodotti del Centro meteorologico europeo (ad accesso riservato ai servizi meteo ufficiali), e non i dati americani, utilizzati invece da moltissimi meteorologi improvvisati perché di libero accesso, ma non necessariamente in grado di descrivere bene la situazione meteo qui da noi in Europa/Italia. Se il paragone tra meteorologo e medico vi pare irrispettoso vi ricordo che si può morire per una previsione sbagliata così come per una medicina sbagliata e quindi è bene che la medicina la prescriva un vero medico e la previsione la produca un vero meteorologo. Punto.

Adattarsi è meglio!

...a spalare ci pensiamo noi, a voi si chiede ben altro!

In Italia negli ultimi anni il clima sta cambiando velocemente e stiamo assistendo in rapida sequenza a tutta la gamma dei fenomeni meteorologici estremi, alluvioni seguite da siccità, seguite da ondate di gelo, seguite a loro volta da scioglimenti improvvisi delle nevi, con conseguenti piene anomale dei fiumi, con erosione e dissesto dei versanti, per non parlare delle pericolose ondate di calore estivo. Questo cambiamento avviene su un territorio reso fragile dall’enorme espansione edilizia degli ultimi decenni. Un’analisi dettagliata di questa situazione purtroppo non è disponibile, e questo è già un brutto segnale, manca cioè in Italia un adeguata struttura meteoclimatologica centrale di livello europeo, che sia capace di documentare adeguatamente la situazione e fornire proiezioni per il futuro, come invece esiste in Paesi anche molto più piccoli del nostro. Esistono tante strutture tutte separate e tutte troppo piccole, come il servizio dell’Aeronautica militare, la Protezione civile, l’ex Ucea (ora Cra-Cma) al Collegio Romano, un piccolo gruppo clima all’Ispra, e si potrebbe continuare citando Cnr, Enea, Ingv, senza trascurare i servizi meteo organizzati in questi ultimi venti o trent’anni da molte Regioni. E’ evidente che il settore meteoclimatico nazionale andrebbe ristrutturato e accorpato per fronteggiare adeguatamente il cambiamento climatico (che purtroppo non presenta orizzonti di miglioramento del quadro né a breve né a medio termine) e gli eventi estremi meteorologici che esso comporta. Anche le Università non sembrano reagire adeguatamente alle necessità di questo settore, basti pensare che ad Agraria in Italia non si riesce ad insegnare la climatologia, e a Fisica credo che l’esame di Meteorologia si possa sostenere solo a Roma! Un altro brutto segnale è che il Paese sembra incapace di reagire ai mutamenti del clima con un’adeguato cambiamento della propria organizzazione sia nella vita di tutti i giorni che nelle continue “emergenze”. Negli altri Paesi d’Europa sono stati discussi e varati piani pluriennali di “adattamento” ai cambiamenti climatici di ampia portata, di cui in Italia non c’è traccia. I francesi per esempio hanno attivato un complesso Piano quinquennale 2011-2015, con una verifica nel 2013. E’ ora di mettere queste faccende in agenda, cari politici di ogni ordine e grado!

La perfida Albione ci batte alla grande

Gli inglesi hanno appena pubblicato il loro primo rapporto di valutazione dei rischi da cambiamento climatico. Si tratta di un lavoro molto accurato condotto per conto del Defra (ministero dell’ambiente e dell’agricoltura) in preparazione del piano di adattamento previsto dalla legge. Già, perchè gli inglesi dal 2008 hanno una legge sul clima e da tempo immemore hanno un servizio meteorologico degno di questo nome che indaga seriamente sui cambiamenti climatici prossimi venturi, e che fornisce le basi scientifiche per valutare vulnerabilità e rischi. Il Defra oltretutto ha deciso di aprire al pubblico la possibilità di contribuire al piano di adattamento fornendo indicazioni e commenti via internet. Da noi invece tutto tace e sul sito del Ministero dell’ambiente la parola adattamento non è menzionata neanche nel glossario…

Adattamento, in italiano non funziona

Ministro, ci faccia il piano, che è tardi!

Le emissioni di gas serra continuano ad aumentare, dato che ormai l’economia mondiale la tirano non più i vecchi paesi occidentali bensi i nuovi e dinamici Bric (il Brasile per esempio qualche settimana fa è diventato la sesta potenza economica mondiale scavalcando gli inglesi…), che per questo fanno uso crescente di energia fossile (interessante notare che secondo alcune analisi i cinesi ormai hanno emissioni procapite uguali a quelle italiane… solo che loro sono 1300 milioni e noi 60!). Nel 2010 in effetti sono stati battuti tutti i record della CO2 con oltre 30 miliardi di tonnellate, e così il clima mondiale (e locale) continua a scaldarsi e a peggiorare.

In questa situazione responsabilità vorrebbe che si preparassero complessi piani di adattamento alle nuove condizioni climatiche, non solo a quelle già presenti ma a quelle indubbiamente peggiori che arriveranno presto. Secondo Ipcc, che all’adattamento dedica il ponderoso secondo volume del suo rapporto periodico, questi piani e attività sono comunque indispensabili perché anche nel caso in cui davvero tutti i paesi a partire dal 2020, come promesso a Durban, si impegnassero strenuamente a tagliare le emissioni serra, i gas già emessi in passato continuerebbero comunque a riscaldare il clima per un bel pezzo. E allora?

Allora l’Agenzia europea per l’ambiente ha messo a disposizione di tutti noi nel proprio sito una bella pagina dove si legge che per esempio la Svezia e l’Olanda hanno provveduto a pianificare, così come Spagna e Portogallo. L’elenco dei “paesi buoni” è in effetti piuttosto lungo ma purtroppo non include l’Italia, che in quella pagina fa una figura assai meschina, con un paio di inutili link ministeriali.

Si vede che in italiano adattamento fa rima con improvvisazione, ma non mi pare…

Insegnare il cambiamento climatico

 

caro Charles, se tu sapessi...

Secondo il Guardian negli Stati Uniti il negazionismo è talmente forte da insidiare i professori che a scuola vogliono parlare di cambiamenti climatici, tanto che un’organizzazione attiva da trent’anni per sostenere gli insegnanti di scienze che vogliono parlare di evoluzionismo darwiniano ha deciso di correre al loro soccorso. Il National Center for Science Education, il cui motto è per l’appunto “Difendere l’insegnamento dell’evoluzionismo nelle scuole pubbliche”, dopo aver saputo da una specifica indagine che circa un quarto degli insegnanti che parlano di cambiamenti climatici dovuti alle attività umane viene messo in discussione da studenti, genitori e anche dalle autorità scolastiche, e che in molti stati si pretenderebbe l’insegnamento di teorie alternative del tutto prive di fondamento, ha deciso di impegnare la propria esperienza sulla difesa dell’evoluzionismo anche in campo climatico. In Italia invece il negazionismo non è ancora così forte, c’è però il grande peso dell’indifferenza, non tanto degli insegnanti o degli studenti, quanto delle autorità e dell’università, che sul cambiamento climatico in questo paese stanno facendo davvero troppo poco.

All’ambiente il grand commis del ministero

...forse era meglio prima...

Corrado Clini fino all’altro giorno era un nome conosciuto solo agli addetti ai lavori. Oggi è ministro dell’ambiente, dopo la figlia bionda degli industriali chimici Prestigiacomo, e soprattutto dopo ben altri personaggi come l’indimenticato Edo Ronchi o il professor Giorgio Ruffolo (non menziono Pecoraro Scanio perché nonostante alcuni indubbi meriti politici è stato travolto forse immeritatamente dai rifiuti di Napoli e da alcuni comportamenti non molto consoni al suo ruolo). Corrado Clini non è un uomo politico, ma è comunque abbastanza difficile definirlo un tecnico, dato che la sua formazione di medico non è proprio la più adatta a trattare di questioni come il clima, dove in effetti l’Italia ha fatto spesso in questi anni la figura della bimba riottosa trascinata da mamma Europa. Quello che invece Clini ha saputo fare bene negli ultimi vent’anni è stato galleggiare nei più alti ranghi funzionali del ministero, qualunque fosse il colore del governo in carica, assumendo posizioni flessibili in base all’aria che tirava e concentrando incarichi sulla sua persona. E che non sia proprio un ambientalista si è capito subito ieri, quando è riuscito a suscitare le ire degli ecologisti tirando fuori di nuovo pubblicamente il nucleare, sepolto dalla valanga di voti dell’ultimo referendum. Chi ben comincia…