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Il clima che cambia spiegato ai ragazzi (4)

Brucia, petrolio, brucia

Nonostante l’enorme quantità di plastica che viene prodotta, la stragrande maggioranza del petrolio estratto dal sottosuolo è trasformata in carburanti (benzina, gasolio, cherosene ecc.) e bruciata in motori o caldaie. Pensate che ogni giorno nel mondo si consumano 85 milioni di barili di petrolio, ogni barile sono 150 litri circa e quindi facendo due conti si scopre che ogni abitante del pianeta Terra brucia in media quasi due litri al giorno di petrolio!

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La destra inglese e l’ambiente

Cameron e Clegg a Downing street

Per fare il nuovo governo inglese i conservatori e i liberaldemocratici hanno steso un accordo programmatico, qui di seguito la parte ambientale.

Verrà costruita una rete elettrica intelligente e distribuiti contatori intelligenti. Verrà istituito il ritiro a pagamento della corrente autoprodotta e verranno riemessi i certificati verdi per le rinnovabili. Verrà promosso un grande recupero di energia dai rifiuti (digestione anaerobia). Verrà creata una banca per gli investimenti verdi. I risparmi nelle importazioni energetiche verranno destinati al miglioramento della produzione interna. Mantenimento dei certificati di efficienza energetica per gli immobili e abolizione degli altri documenti di compravendita. Misure di sostegno all’energia marina. Imposizione della cattura e stoccaggio della CO2 alle nuove centrali termelettriche a carbone. Costruzione di una rete ferroviaria ad alta velocità. Cancellazione della terza pista programmata per l’aeroporto di Heathrow. Rifiuto di fare nuove piste a Gatwick e Stansted (gli altri due aeroporti londinesi). Sostituzione della tassa per passeggero con quella per volo (scoraggia i voli semivuoti). Fissazione di un prezzo minimo per il carbonio e impegno per convincere la Ue ad attivare pienamente il mercato degli scambi di emissione ETS. Importazione e possesso di legname illegale diventeranno crimini. Promozione degli spazi e corridoi verdi per contrastare la perdita di habitat e di biodiversità. Rete nazionale per la ricarica di veicoli elettrici e ibridi. Investimenti per la cattura e stoccaggio del carbonio in quattro centrali termoelettriche a carbone, e impegno a ridurre del 10% le emissioni del settore pubblico entro 12 mesi. Ampliare lo spazio per le rinnovabili in base alle indicazioni del comitato nazionale sui cambiamenti climatici. Sul nucleare le posizioni sono diverse: i libdem sono contro qualunque nuova centrale mentre i conservatori sono favorevoli alla sostituzione delle vecchie attraverso un nuovo processo di autorizzazione e senza sovvenzioni pubbliche. La discussione sul punto è demandata al parlamento previa presentazione di un piano governativo, con l’accordo che i Libdem si asterranno e che sulla questione non si potrà porre la fiducia.

La macchia avanza e la Exxon fa soldi

...che diavolo è quella roba nera?

Sono le meraviglie del petrolio, bellezza! Gli americani osservano costernati avanzare verso le grandi riserve naturali della Louisiana i cinquemila barili di petrolio che continuano a uscire ogni giorno dal relitto della piattaforma petrolifera BP scoppiata lo scorso 22 aprile nel Golfo del Messico (incidente che è costato la vita ad almeno undici operai), e allo stesso tempo la Exxon annuncia trionfalmente di aver guadagnato 6,3 miliardi di dollari nel solo primo trimestre di quest’anno, con una crescita del 38% rispetto all’anno passato, grazie ai nuovi prezzi del greggio, che è tornato a 80 dollari, nonostante la crisi economica.  Sarà anche vero che siamo al picco del petrolio, ma dubito che abbiamo raggiunto il punto più alto delle schifezze…

REDD, un acronimo per salvare le foreste

REDD like a forest

Significa Riduzione delle Emissioni da Deforestazione e Degrado forestale ed è diventato uno dei punti chiave per la riuscita della conferenza di Copenaghen. Se ne parla su Nature, la più importante rivista scientifica del mondo, che gli dedica un editoriale. In italiano su questo argomento c’è anche un bel po’ di materiale sul sito Salvaleforeste. In poche parole comunque si tratta della strategia elaborata per ridurre e possibilmente azzerare la distruzione delle foreste tropicali, che procede talmente in fretta da provocare un quarto delle emissioni di anidride carbonica e un quinto di quelle totali di gas serra. Alle foreste salvate  o recuperate verrebbe assegnato un valore monetario che potrebbe essere ottenuto sul mercato globale delle emissioni. In sostanza soldi dai paesi danarosi ed emettitori, verso i paesi ricchi di foreste, per compensarli della mancata deforestazione. Semplice in teoria ma molto complesso nell’attuazione pratica. Un solo problema su tutti: chi controlla che la deforestazione stia davvero rallentando? La soluzione potrebbe essere tecnologica, con l’uso dei satelliti artificiali per controlli dallo spazio.

Via dal vento? Non scherziamo…

Devastazione paesaggistica?
Devastazione paesaggistica?

In rete c’è un sito che si apre con un appello drammatico e dolente, lo riproduco qui nella sua interezza perché vorrei criticarlo a fondo. Dice così: “Quanti italiani sono consapevoli della abissale sproporzione tra i danni causati dagli impianti eolici al paesaggio, all’ambiente naturale e alla fauna e il loro marginale contributo alla soluzione del problema energetico nazionale? Perché nessuna eco giunge al pubblico della tragedia che si sta abbattendo sulle bellezze naturali italiane? Via dal Vento, una voce che non teme di dire la verità.” I promotori principali di questo sito sono esponenti degli Amici della Terra, ramo italiano di Friends of the Earth, un gruppo ambientalista che nel 1993 ottenne il grande successo di far passare un referendum a seguito del quale vennero fondate in Italia le agenzie ambientali, e altre personalità che dell’ambiente hanno fatto persino il ministro, come Carlo Ripa di Meana. Il sito è attivissimo, registra continue denunce, comprese quelle retoriche e piene di assurde iperboli del solito (pluricondannato ma sempre loquace) Vittorio Sgarbi, che recentemente sul berlusconiano Giornale ha persino scomodato il povero Pier Paolo Pasolini. Sono almeno cinquant’anni che il paesaggio italiano, tutelato dalla Costituzione, viene devastato dalla speculazione edilizia, dagli industriali, dagli agricoltori, dalla generale mancanza di cura del territorio nazionale da parte dello Stato nelle sue numerosissime articolazioni, dal governo, fino all’ultimo degli ottomilacento comuni d’Italia.

Paesaggio tutelato?
Paesaggio tutelato?

Chiunque sia passato di fianco a una grande acciaieria come quella di Taranto (foto) o alle centrali elettriche di Piacenza, per fare i primi esempi che mi vengono in mente, ha una stretta al cuore. Recentemente ho viaggiato in treno attraverso i campi eolici pugliesi in provincia di Foggia e invece di una stretta al cuore ho provato un piacere anche estetico, oltre alla soddisfazione di sapere che quelle strutture tutte in movimento stavano producendo energia pulita. Personalmente ritengo infinitamente brutte, e spesso devastanti per il paesaggio, le stazioni di servizio e gli autogrill, ma non mi sogno di costruire su questa mia idiosincrasia una campagna per la loro chiusura. I paventati danni al paesaggio causati dalle centrali eoliche o non ci sono o sono grandemente esagerati. Quanto ai danni ecologici, si menziona spesso la morte degli uccelli, fenomeno anche questo artificiosamente esagerato e in realtà del tutto marginale, specie in un paese come il nostro che per decenni ha consentito a cacciatori legali e di frodo di fare strage di migratori e persino di cicogne. Se consentite al vostro gatto domestico di girare fuori di casa la notte, ebbene in un anno il vostro micione fa fuori tanti uccelli quanto cento turbine eoliche. Finiamola anche col ruolo marginale nella produzione di corrente elettrica. L’eolico sta facendo in questo secolo quel che ha fatto per l’Italia l’idroelettrico il secolo scorso, si sta espandendo esponenzialmente e nel giro di una decina d’anni raggiungerà la sua quota non marginale di produzione (pdf, 4,4 Mbyte). La comparsa di questa nuova fonte pulita (ripetiamolo fino alla nausea, l’eolico non  inquina e non emette CO2, con costi simili a quelli delle fonti fossili) spaventa molto sia chi produce corrente con le fonti fossili, sia i tradizionalisti, che non amano le novità, ma che si sono abituati in fretta alla televisione, ai telefonini e a Internet. Tutta roba che consuma sempre più corrente.

Qualcuno ha del ghiaccio?

Ghiaccio bollente...
Ghiaccio bollente...

Volete vedere con i vostri occhi quanto ghiaccio c’era nell’Artico alla fine della scorsa estate e confrontarlo con quanto ce n’era nello stesso giorno di vent’anni prima? C’è una pagina web che ve lo consente. Fa parte di un eccellente sito (intitolato, a mo’ di giornale quotidiano, The Cryosphere Today) dell’università dell’Illinois, basato su migliaia di immagini da satellite che l’università ha collezionato e continua ad accumulare, allo scopo di permettere a chiunque di seguire quel che accade al polo nord e nel resto della criosfera. Sono rimasto a bocca aperta quando ho confrontato il 30 settembre del 2007 e del 2008 con lo stesso giorno del 1980. Un conto è sentirlo dire, un altro è vedere con i propri occhi quanto poco ghiaccio restava sull’oceano artico alla fine delle scorse estati. La storia degli orsi polari in pericolo, dirà qualche cinico, non ci scuote più di tanto. Beh, allora lasciatevi scuotere da questo: se il polo nord continua a scaldarsi così tanto siamo nei guai grossi tutti, e non solo gli orsi. Avete presente la Siberia? Anche il suo permafrost si scioglie, e dai suoli scongelati si liberano quantità sempre crescenti di metano, un gas serra ventitrè volte più efficiente dell’anidride carbonica e che non abbiamo alcuna idea di come recuperare dall’atmosfera una volta che ci finisce. Katey Walter, la giovane scienziata americana che nel 2006 aveva pubblicato su Nature il primo rapporto sperimentale sull’argomento, è tornata di recente sui siti siberiani dove aveva fatto le sue misure e dice che i laghi che eruttano metano sono quattro volte più grandi di quattro anni fa… Le connessioni tra lo scioglimento dei ghiacci artici e il resto del pianeta appaiono del tutto sorprendenti. Qualcuno ha pubblicato un serio studio modellistico dal quale si deduce che, grazie alle enormi masse d’acqua dolce che continuano a riversarsi nell’Oceano artico a causa delle crescenti temperature, si è indebolita la corrente marina conosciuta come il Grande Nastro Trasportatore, che si origina vicino alla Groenlandia e che gira per mezzo mondo: gli effetti di questo cambiamento si ripercuotono fino all’Oceano Indiano, perturbando o addirittura interrompendo il ciclo dei monsoni, assolutamente vitali per l’India e per le zone limitrofe. Per dirla con Fred Pearce, di New Scientist “A warmer Arctic will change the entire planet, and some of the potential consequences are nothing short of catastrophic”.

La tempesta perfetta

200mila varietà di grano sono abbastanza?
200mila varietà di grano sono abbastanza?

Secondo Cary Fowler, che dirige il Global Crop Diversity Trust (Fondazione globale per la biodiversità delle colture), l’agricoltura mondiale sta per fronteggiare una tempesta perfetta, composta da tre ingredienti: un tasso di estinzione senza precedenti di varietà agricole, un aumento senza precedenti della popolazione mondiale, un riscaldamento del pianeta senza precedenti da quando si pratica l’agricoltura stessa. Per prepararsi alla tempesta la Fondazione ha creato (spendendo 9 miliardi di dollari) nel gelido suolo delle isole Svalbard, a nord della Norvegia, un deposito di semi agricoli provenienti da tutto il pianeta. Considerate che solo di grano nel mondo sono censite circa 200mila diverse varietà, ma considerate anche che delle oltre settemila varietà di melo che esistevano negli stati Uniti nell’Ottocento, ne sopravvivono oggi solo il 15%. La biodiversità delle colture è un patrimonio essenziale per l’umanità, dato che i geni contenuti in una varietà selvatica di frumento possono salvare quelle coltivate da malattie micidiali e altrimenti incurabili. I genetisti agrari di tutto il mondo sono ora a caccia di caratteri genetici che consentano alle colture di sopravvivere agli stress climatici che si prospettano da qui a fine secolo. Per saperne di più leggere qui (in inglese).